“Ancora prima della diagnosi, sapevo che avevo qualcosa. Me lo sentivo”. E ‘dare ascolto’ al proprio corpo può anche salvare la vita. Quantomeno, può rappresentare una ‘prevenzione’ importante. E’ capitato a Serena Ranieri, 37enne, romana, residente a Pontecagnano Faiano, da due malata di cancro al polmone scoperto in stadio 3. Serena si batte anche e soprattutto per far conoscere questa malattia che, contrariamente a quanto accade per la lotta al cancro al seno, è abbandonata sia in termini di ricerca che di sensibilizzazione alla prevenzione.
La giovane donna, promotrice di manifestazioni pubbliche e di convegni, armata di un sorriso disarmante, parla e racconta. Lasciando la platea senza fiato quado dice: “Dopo la chemio ero più bella.La malattia stava andando via. La chemio ti fa bella….”. E spiega: “Anche quando mi sentivo bene si leggeva sul mio volto, si vedeva che stavo male. Poi con la chemio cominci a vedere i primi risultati”, cerca di infondere sicurezza.
La sua odissea inizia due anni fa.
“Ero in auto con mio marito a guardare la lastra. La prima lastra prima delle vacanze”, racconta.
“Avevo sempre una tosse stizzosa. Pensavo fosse polmonite.Lo stress era divenuto, per molti medici, la causa più usata. Mandandomi a casa. Nessuno capiva cosa avessi. Faccio una lastra. Anche una seconda. I camici bianchi non vedono nulla. Dopo agosto la tosse non mi lascia fin quando tossisco anche sangue. Vado in pronto soccorso. Il medico dice di stare tranquilla. Di smettere di fumare. Ma io non ho mai fumato”, dice ancora. Sempre la stessa diagnosi. “Ma io sentivo di stare male”, aggiunge.
Si ipotizza anche l’aritmia al cuore. Ecco la visita cardiologica .
“Molti si fermano all’ospedale San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona che è un Polo d’eccellenza e non vanno magari anche altrove”, spiega Serena. “Ma lì non hanno capito subito quello che avevo. Anche nella malattia ci vuole fortuna. Io l’ho avuta incontrando un radiologo con una specializzazione tale da invitarmi a fare altri esami. E così, la scoperta, altrimenti, forse, non sarei arrivata al Natale del 2013 come diceva qualche medico”.
“La prima volta che andai in un Day Hospital rimasi scioccata. Pensavo di essere l’unica. Era un mercato. Mi feci coraggio anche iniziando a consolare gli altri. L’atteggiamento funzionò”.
E chiosa:”La prevenzione salva la vita. Ma anche seguire il proprio corpo. Se ascoltavo i medici non sarei stata qui. Ho avuto voglia di curarmi. Non c’ è una terapia a tutto.Non mi penso fuori pericolo. Si può vincere. Non è solo questione di volontà ma la testa aiuta a sopportare meglio”.
Rosa Coppola