Rappresentano il “braccio armato”, sul territorio, dell’Asl Salerno nella lotta al Covid-19. Sono i medici delle Usca, le Unità speciali di continuità assistenziale, nate col decreto legge del 9 marzo per l’assistenza primaria dei pazienti con la positività conclamata al virus, attivate ad aprile scorso e presenti in ventuno città, organizzate in modo tale da coprire l’intero territorio, a nord e a sud del capoluogo.
Sono tutti volontari, nel senso che hanno presentato domanda di “arruolamento” rispondendo alla manifestazione di interesse, e l’età media è 25 anni. Non sono pochi i camici bianchi alla prima esperienza. Insomma, Unità sinonimo di front-office operativo della medicina del territorio, formate da “inviati” dei medici di famiglia, che entrano nelle case dove la presenza accertata del Covid rende alto il rischio di contagio. Lavorano dal lunedì a venerdì, dalle 8 alle 20. I turni, seguendo indicazioni territoriali, sono di due unità operative; ma, le esigenze possono cambiare. Come sono organizzate? Il percorso prevede che il paziente si metta in contatto con il medico di base, da lì la segnalazione al Dipartimento di Prevenzione che smista al Distretto di pertinenza e infine all’Usca (saranno attive fino alla fine dell’emergenza) che scende in campo.
E bardati, come ormai siamo abituati a vederli, bussano alla porta del cittadino che ha necessità di aiuto. Dica la verità, quante volte ha pensato: Chi me lo ha fatto fare?
“Molte volte, ultimamente. Ma solo perchè stiamo registrando la risalita dei contagi per irresponsabilità”. E’ amareggiato e non le manda a dire il dottor Armando Cozzolino, poco più che trentenne, componente dell’Usca del Distretto sanitario 60 (Agro nocerino sarnese) da aprile, da quando è stata attivata l’Unità. Imparando a menadito la difficile ‘vestizione e svestizione’, il camice bianco racconta la sua esperienza con aneddoti curiosi e teneri. “Non c’è stato un sol giorno di lavoro negativo, spiega. Sapere che abbiamo dato il massimo, magari rassicurando, semplicemente, è per me importante. Le Usca sono nate per assistere ma oggi sono anche un valido strumento di contenimento dei focolai”, spiega sorridendo anche se il primo giorno forse è stato meno ‘bello’. “Ero teso, io e il collega fissavamo il telefono e non sapevamo se sperare che suonasse o meno”. Oggi, in prima linea, si ha il polso della situazione. “I contagi sono aumentati vertiginosamente, dice Cozzolino, dalla fase 1 ad oggi, purtroppo, i numeri sono in crescita. Come lo sono le telefonate ai call center dedicati dalla Asl”. Il giovane medico ha anche esperienza in tal senso, rispondeva alle chiamate (250 al giorno anche oggi) divenute talmente tante da indurre la Asl ad aprire un secondo numero. “I cittadini erano arrabbiati, sfogavano con noi”, ricorda e aggiunge: “Tentavano anche tutte le strade pur di uscire: un campano fuori regione voleva rientrare adducendo l’urgenza di annaffiare le piante”. E conclude: “Basta con la caccia all’untore, con la caccia all’uomo. Dobbiamo essere tutti responsabili, sappiamo bene ormai come difenderci”.
Rosa Coppola
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