Antonietta Grandinetti, coordinatrice della commissione Sanità dell’ordine degli Psicologi della Campania e direttore del ‘Ser.D 2’ del dipartimento Dipendenze dell’Asl di Salerno.
Abbiamo vissuto tutti, direttamente o indirettamente, le conseguenze della pandemia da Covid-19 su tutte le fasce della popolazione. Cosa è successo, invece, alle strutture sanitarie?
“La pandemia ha messo in luce alcune criticità del sistema sanitario e, soprattutto, ha evidenziato il ruolo fondamentale della sanità territoriale, che ha l’obiettivo di prendersi cura dell’individuo nel suo contesto di vita. Oggi sappiamo che è ancora più necessario lavorare per potenziare il sistema di sanità territoriale, decongestionando gli ospedali, incentivando il lavoro della medicina e della psicologia di base, mantenendo le persone nel proprio contesto e riducendo la cronicità nel momento in cui si attivano tute le risorse sociosanitarie disponibili. In un approccio di questo genere viene sicuramente tenuto in conto l’individuo nella sua totalità e quindi è necessario garantire l’assistenza psicologica così come previsto nei nuovi Lea”.
L’emergenza sanitaria ha fatto emergere la necessità di rafforzare l’assistenza psicologica, soprattutto nella sanità pubblica. E’ possibile pensare di far fronte all’enorme richiesta che si sta registrando in questi mesi con le risorse umane attualmente disponibili?
“Già prima della pandemia la mancata assistenza psicologica era un problema grave ed è diventato ancor più dirompente durante il periodo del Covid. A questo bisogna aggiungere che la fine dell’emergenza sanitaria, che ci auguriamo arrivi al più presto anche grazie alla campagna vaccinale, lascerà probabilmente il posto a una ‘pandemia psicologica’. Basti pensare al ritiro sociale dei più giovani, alla questione delle dipendenze, all’ansia nell’uscire di casa che ha coinvolto molte persone, alle difficoltà relazionali e alle sindormi di Hikikomori. Un occhio attento deve farsi carico di tutte queste vulnerabilità slatentizzate dal periodo pandemico, dove le chiusure erano sicuramente necessarie, così come la Dad per gli studenti, ma ora è necessario far fronte a tutto quello che queste condizioni hanno esasperato, attingendo a tutte le competenze e le risorse necessarie”.
Risorse umane che, al monento, non sono sufficienti…
“E’ sotto gli occhi di tutti la carenza degli psicologi all’interno del sistema sanitario nazionale e, in questo periodo particolare, è diventato ancora più evidente. Anche in Campania e a Salerno ci sono servizi che nel loro organico non hanno psicologi a causa del mancato turn-over. Su questo punto, l’ordine degli Psicologi della Campania è la commissione Sanità, che si è insediata da qualche mese, sono già al lavoro e hanno già avviato un’interlocuzione con la Regione, chiedendo di rivedere i fabbisogni assistenziali e di procedere all’assunzione di nuovi psicologi. Accanto a questo, però, occorre anche una riorganizzazione dell’intero sistema territoriale, che è necessaria per arginare sprechi e inefficienze e migliorare la qualità dell’assistenza, proprio attraverso la revisione dei processi assistenziali focalizzati su appropriatezza e la formalizzazione dei Pdta (Percorsi diagnostici terapeutici assistenziali), la valutazione integrate del bisogno assistenziale, la multidisciplinarietà e la prossimità”.
Lei ha accennato ai fenomeni legati alle dipendenze. Dal suo osservatorio privilegiato ci può dire cosa è cambiato con il Covid?
“La pandemia non ha arrestato il disturbo da uso di sostanze o, in generale, le cosiddette dipendenze legali. All’interno dei servizi e dei dipartimenti delle dipendenze, che sono rimasti aperti in presenza durante tutto il periodo del lockdown e della riduzione della prestazioni ambulatoriali, i Serd hanno garantito il loro servizio di assistenza e cura dei pazienti con dipendenza patologica. Sicuramente c’è stato un aumento delle dipendenze da gioco d’azzardo, soprattutto online, vista la chiusura delle sale gioco e dei centri scommesse. E’ aumentato l’uso di alcol, anche come automedicamento, visto che è una sostanza facilmente reperibile, mentre si è mantenuto costante l’uso di sostanze. Gli operatori delle dipendenze hanno garantito una presenza attiva e costante, a fronte di un aumento delle richieste di aiuto da parte delle famiglie, che hanno visto i loro figli ‘rifugiarsi’ nelle dipendenze da internet, soprattutto con videogiochi e giochi virtuali e con la creazione di avatar e di vite ‘parallele’. Mentre la vita reale era fatta di chiusure e di limitazioni, si sono sviluppati questi comportamenti disadattativi, che avevano come obiettivo quello di fronteggiare la mancanza di socialità”.